Storia
La storia della nascita e trasformazione dell’area è molto particolare, in quanto rappresenta l’evoluzione di una porzione di territorio inizialmente dedicata all’estrazione di argilla.
Agli inizi degli anni ’50 il comune di Noale assiste a una grande esplosione urbanistica e per fornire materiale da costruzione alle nuove realtà edilizie viene aperta l’attività di estrazione di argilla per laterizi “Cavasin”, in una posizione molto particolare: vicino al centro cittadino e lungo la ferrovia Venezia-Trento, che facilitava i trasporti via rotaia dei materiali prodotti.
A seguito dell’abbandono delle pratiche di scavo, nei primi anni ‘70, per esaurimento delle vene d’argilla, le cave, alimentate sia dall’acqua piovana che da quella di falda e da quella proveniente dal Rio Draganziolo, si sono trasformate in stagni di profondità variabile da alcuni decimetri a qualche metro. Ciò ha consentito la rapida colonizzazione da parte di specie vegetali pioniere e il conseguente insediamento di una rigogliosa vegetazione palustre ed arboreo-arbustiva. Si è così creata una zona umida di grande pregio naturalistico che ha favorito l’insediamento di un elevato numero di specie animali.
Il destino di quest’area, diversamente da ciò che accadde in altre zone simili del territorio provinciale veneziano, dove le cave vennero interrate con rifiuti e trasformate in discariche, fu quello di essere valorizzata come un’area naturale; questo avvenne in particolare sotto la spinta di movimenti cittadini come quello che nacque a Noale verso la fine degli anni ’70: il “Comitato per la realizzazione di un’Oasi di Protezione della fauna da localizzarsi nelle Cave di Noale”.
Un importante progetto fu presentato poi dal Consorzio di Bonifica Dese Sile (ora Acque Risorgive) e redatto nel 1998, con lo scopo di creare un’area di bio-fitodepurazione dei nutrienti del Rio Draganziolo. Questo progetto fu portato avanti, realizzato e concluso nel 2005.
L’Oasi attualmente occupa una superficie di circa 20 ettari ed è delimitata dal Rio Draganziolo; essa fa parte di una porzione più ampia di territorio (circa 40 ettari, comprendente tutta l’area delle ex cave) individuata come Sito di Importanza Comunitaria (SIC IT3250017) ai sensi della direttiva “Habitat” 92/43/CEE e Zona di Protezione Speciale (ZPS) ai sensi della direttiva 79/409 “Uccelli”. Per questo motivo l’area fa parte della Rete Natura 2000 della Regione Veneto.